Caligola: Amato, odiato, tradito: la storia mai raccontata del terzo imperatore by Silvia Stucchi

Caligola: Amato, odiato, tradito: la storia mai raccontata del terzo imperatore by Silvia Stucchi

autore:Silvia Stucchi [Stucchi, Silvia]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti


COME MUORE UN PRINCEPS

Ormai, a Tiberio sono venute meno sia le energie del corpo che quelle dello spirito: è un vecchio, un vecchio di settantotto anni – età assai veneranda –, che da qualche tempo ha iniziato a soffrire seriamente di affanni e mal di cuore, il passo rallentato e il respiro corto. Non serba più nulla, o quasi, del giovane condottiero vigoroso, dal fisico scultoreo, che aveva fatto esclamare a un capo barbaro che aveva varcato il Reno con la sua piroga per farsi ammettere alla sua presenza, dopo averlo a lungo contemplato in silenzio, che poteva tornarsene al suo villaggio finalmente appagato, perché, così aveva detto, “grazie a te, Cesare, oggi ho visto come sono fatti gli dèi”.119

Vecchi ricordi.

Ci pensa sempre, soprattutto quando gli capita di guardarsi nel suo specchio di bronzo, uno specchio elegante, da donna, che era appartenuto a Vipsania, la sua adorata prima moglie: lei l’aveva lasciato nella loro dimora quando erano stati costretti a divorziare perché Tiberio potesse sposare Giulia, la figlia di Augusto, rimasta vedova di Agrippa, padre di Vipsania. E lui, Tiberio, quell’oggetto tenuto tante volte dalla moglie nelle mani, le sue belle mani delicate e bianche, se l’era sempre portato dietro, a Rodi, nelle campagne militari, a Capri.

Ora, si guarda riflesso in quello specchio e vede il volto di un vecchio decrepito: rugoso, pieno di pustole, l’espressione arcigna che gli ha segnato i lineamenti. E il fisico, lo vede da sé quanto sia cambiato: curvo, smagrito, inflaccidito. Quando morirà, sarà una larva umana a essere posta sul rogo.

Druso, suo fratello, il suo adorato Druso, pensa il princeps, era sempre stato bellissimo, anche nella morte: ricorda bene quando aveva chiuso gli occhi, tra le sue braccia, dopo che Tiberio era arrivato, cavalcando a perdifiato per centinaia di miglia. Il cavallo gli era rovinato addosso e oltre a procurargli una brutta frattura – quei tronconi di osso che bucavano la carne della coscia erano terribili a vedersi – l’incidente doveva avere compromesso irrimediabilmente gli organi interni. Eppure, nella morte Druso era sereno e bellissimo. Un vero membro della gens Claudia.

E ora, invece, riflette Tiberio, devo pensare a suo nipote, Caligola, al figlio di Germanico: che si comporta, deve convenirne, molto meglio di quanto non abbia mai fatto suo figlio Druso, durante la sua breve vita. Una delusione: ecco cosa è stato Druso, pensa Tiberio. Per fortuna, dei suoi due nipoti, quello superstite, Tiberio Gemello, gli sembra un ragazzo assennato e con buone qualità, senza vizi. Ha tutta la vita per imparare i vizi, si dice a volte Tiberio. E poi, dentro di sé, con un brivido sottile, si risponde: “Se vivrà”.

Una volta, addirittura, venendo meno alla sobrietà per cui è noto, si era lasciato trascinare dal sentimentalismo: aveva chiamato accanto a sé sia Caligola che Gemello e a un certo punto, fra le lacrime, aveva abbracciato prima l’uno e poi l’altro. Mentre ancora stringeva fra le braccia il figlio di suo figlio, aveva guardato verso Caligola e costretto il nipote a fare altrettanto,



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